02.08.2017

E' di nuovo polemica sul monopolio SIAE

1 agosto 2017

NELL’ETERNO DIBATTITO TRA “VECCHIO” E “NUOVO”, LA SOSTANZA DIVENTA “VARIABILE INDIPENDENTE”
È di nuovo polemica sul monopolio SIAE

Non sono bastati due anni di confronto aspro caratterizzato da una campagna mediatica spesso “giocata” sopra le righe; non è bastato che Governo e Parlamento abbiano posto fine alla controversia in modo inequivocabile, perché la questione dell’esclusività affidata alla SIAE finalmente terminasse.
Lo scorso 20 luglio un Deputato, Emiliano Minnucci, ha presentato, per quanto poco pertinente, un emendamento alla legge di “delegazione europea” che prevede l’estensione dell’area concorrenziale alla materia di raccolta del Diritto d’Autore.
Evidentemente l’on. Minnucci ritieneva che Governo e Parlamento abbiano preso un grave abbaglio, solo poco mesi addietro, male interpretando la normativa comunitaria in materia di concorrenza, ovvero, come sostengono accreditati organi di stampa, assistiamo ad una sorta di “resa dei conti” tutta interna al Governo o al suo partito.
Tuttavia, i contenuti dell’emendamento presentato meritano alcune riflessioni. Sostiene il presentatore che la conferma del monopolio in materia di Diritto d’Autore entri in conflitto con la normativa europea in materia di concorrenza; ma evidentemente all’on. Minnucci è sfuggito che la direttiva 2006/123 (servizi mercato interno) all’articolo 17 comprende il Diritto d’Autore tra le materie che derogano al libero mercato.
Quindi, non di problema normativo si tratta, ma di questione evidentemente diversa. Tutto ciò evidentemente non è bastato all’on.le Minnucci, che ha immediatamente annunciato la presentazione di un DDL, che dovrebbe riproporre la medesima soluzione.
Ma altri aspetti “curiosi” sono contenuti nell’emendamento annunciato, che prevedrebbe un limitato mantenimento dell’esclusiva per determinate attività come ad esempio la raccolta sul territorio della pubblica esecuzione: un’attività notoriamente ad alto costo e quindi di scarso interesse per eventuali iniziative concorrenziali (di natura speculativa). Evidentemente un’esclusiva di tal fatta non urta le sensibilità dei cultori della libera concorrenza!
Lo stile utilizzato sia nel corso della lunga fase precedente il recepimento della Direttiva sia oggi al riaccendersi del dibattito causato dall’annuncio dell’emendamento è sempre quello della contrapposizione tra il vecchio e il nuovo, laddove per vecchio si intende il monopolio e per nuovo il libero mercato; argomentazioni che, se non qualificati da un contenuto concettuale, si riducono ad una mera e banale demagogia priva di qualsiasi sostanza.
Quello che allo stato si è compreso è che esiste “un’intenzione” di acquisire utili dalla raccolta del Diritto d’Autore per cui una delle questioni preliminare riguarda “il fine di lucro”.
Non può essere certo considerato un caso che le maggiori società di collecting siano dichiarate per statuto prive di scopo di lucro, anzi alcuni Paesi lo impongono per legge; addirittura negli Stati Uniti, dove il profitto è considerato un valore fondante della società, le due maggiori società di collecting operano dichiaratamente senza tale fine.
In realtà non si tratta di una mera coincidenza, ma di una scelta matura e consapevole: il diritto d’autore non può essere considerato una merce come tutte le altre e non può essere ridotto ad una comune attività commerciale ma comprende un valore aggiuntivo che consiste nella tutela della identità culturale nazionale. Assicurare il giusto compenso a tutti i creativi significa garantire la continuità e lo sviluppo della cultura popolare che è patrimonio globale dell’individuo e dei gruppi sociali di appartenenza.
Una seconda considerazione va dedicata al mercato di riferimento nonché agli strumenti necessari per svolgere con efficienza ed efficacia l’azione di tutela del Diritto.
Il mercato attualmente, né si possono immaginare irrealistiche espansioni, fornisce a mala a pena le risorse necessarie ad assicurare il mantenimento di una struttura in grado di assicurare sull’intero territorio nazionale la salvaguardia di un Diritto, immateriale per definizione, soggetto a fenomeni gravi di evasione e ad altri abusi (quale è ad esempio la falsa programmazione).
Spacchettare i proventi, così come proposto recentemente dal Ceo di FIMI Enzo Mazza, tra chi si dedica ad attività di raccolta con alto valore aggiunto e chi invece è delegato ad attività estremamente onerose, significa, molto semplicemente, rinunciare ad assicurare un alto livello di tutela alle opere creative oltre che gravare con ulteriori costi sugli aventi diritto, di qualsiasi natura.
Né alcun pregio ha l’osservazione di chi afferma che il monopolio legale resiste in pochissimi paesi, perché a chi ha onestà intellettuale è ampiamente noto che laddove non c’è monopolio legale esiste, consolidato da anni, un monopolio di fatto.
Monopolio legale e di fatto si differenziano esclusivamente per la storia politica, culturale e giuridica dei diversi Paesi e non certo per gli obiettivi che debbono garantire.
Tutela dei valori e dell’identità culturale non sono evidentemente alla portata o semplicemente non interessano chi si fa paladino di un concetto, genericamente enunciato, di libera concorrenza, che unicamente mira a creare utili per soggetti privati.
L’emendamento è durato il breve volgere di un mattino ed è stato dichiarato inammissibile in sede di valutazione della “legge europea 2017”, resta, comunque, la conferma che attorno al business del Diritto d’Autore si agitano appetiti non sempre trasparenti, che certamente non demorderanno.
Comunque l’emendamento ha avuto l’effetto del “sasso nello stagno” considerato che dal quel momento, e da diverse posizioni, si sono susseguite prese di posizione sull’argomento, molte delle quali chiaramente ispirate al desiderio di cogliere un’occasione e realizzare lucrosi affari sul Diritto d’Autore.
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